Da Landini a Bonomi si oppongono ai bonus e incitano il governo ad aumentare i salari in maniera strutturale.
Il presidente di Confindustria si è scagliato contro i bonus. «Dobbiamo smettere di fare interventi bonus. Noi dobbiamo costruire il Paese del futuro e le emergenze sono energia, finanza pubblica e lavoro» ha detto Carlo Bonomi sottolineando l’aumento dei prezzi per le aziende in bolletta di quest’anno. “Le imprese italiane hanno assorbito lo shock energetico e delle materie prime».
Bonomi, inoltre, ci tiene a precisare che il tema energetico era già stato sollevato dall’associazione e che vi erano speculazioni già prima della guerra. “L’Europa è mancata completamente e il nostro Paese, invece, sconta le scelte scriteriate di decenni. E come al solito a farne le spese sono famiglie e imprese» mettendosi sulla stessa linea di pensiero della premier. Inoltre, ha insistito sull’importanza di non creare altro debito pubblico.
«Questo Paese cerca sempre nuove risorse ma non guarda mai a ciò che spende, superiore a mille miliardi. Credo che bisogna riconfigurare la spesa pubblica. E quello che chiediamo è di riconfigurare quella spesa per fare un intervento schock sul lavoro» ha continuato Bonomi.
Landini chiede interventi sui salari al governo
Un appello al governo Meloni arriva anche dal segretario generale della Cgil Maurizio Landini. Intervistato da Repubblica il sindacalista dice che il governo deve tornare a interessarsi dei lavoratori e dei salari, abbandonando la logica dei bonus emergenziali, le scivolate populiste e gli slogan che hanno contraddistinto il primo mese di governo. «Basta bonus, i salari vanno aumentati in modo strutturale, siamo in una vera e propria emergenza» ha detto Landini.
I sindacati si aspettano già con questa legge di bilancio un taglio al cuneo in favore di lavoratori e un intervento fiscale per aumentare il loro potere d’acquisto. «La priorità sono i salari netti da aumentare, le risorse devono andare tutte ai lavoratori travolti dalla lunga crisi e da un’inflazione al 12%” precisa il segretario.
I fringe benefit a 3 mila euro «rischiano di essere uno specchietto per le allodole. Ricordo che la contrattazione aziendale riguarda solo il 20% dei lavoratori. I nostri giovani lasciano l’Italia, questo è il tema. Dobbiamo restituire loro una speranza, un progetto di Paese. E invece abbiamo salari bassi, lavori precari e in futuro pensioni da fame. Stiamo bruciando una generazione» dice infervorato il leader della Cgil.